La maggiorazione delle pensioni di invalidità

Un aspetto su cui vi sono frequenti domande è quello della maggiorazione delle pensioni di invalidità, cecità, sordità.
Per comprendere appieno questa possibilità può essere utile conoscerne le sua evoluzione nel tempo fin dal principio: nel 2002 una norma stabilì il principio che tutti gli anziani con più di 65 anni, 60 se invalidi, dovevano poter contare su un introito di almeno un milione di lire. Nel frattempo c’è stato il passaggio all’euro e l’impatto dell’inflazione ha portato nel 2024 l’importo del “vecchio” milione di lire a 735,05 euro nel 2024.
Nel 2020 una sentenza della Corte Costituzionale e poi una legge di recepimento hanno stabilito che il principio originario dovesse valere anche per le pensioni di tutti gli invalidi totali, ciechi e sordi a prescindere dall’età. Pertanto già dal 2020 l’incremento spetta dai 18 anni in poi. Vediamo allora in ordine quali sono le condizioni per vedersi aumentare la pensione da 333,33 euro a 735,05 euro.

Le condizioni

La prima condizione per poter accedere alla maggiorazione è di percepire la pensione di invalidità civile totale o pensione da sordo, o pensione da cieco totale.
Dunque chi percepisce l’assegno per invalidità civile parziale è escluso dalla maggiorazione, come pure chi è minorenne
Anche chi percepisce solo l’indennità di accompagnamento e non la pensione (perché magari gode di un altro reddito o un’altra pensione da lavoro) non ha diritto alla maggiorazione.

La seconda condizione è quella reddituale personale. Questo è un aspetto un po’ più complesso da comprendere. Riprendiamo quanto detto più sopra: il principio base è che ogni invalido in proprio disponga di almeno 735,05 euro al mese per 13 mensilità il che corrisponde a 9.555,65 euro in un anno.
Nella sostanza lo Stato aggiunge quello che manca per arrivare a quella cifra.
Considerando che l’invalido totale percepisce già una pensione che in un anno è di 4.333,29 euro, ne consegue che la maggiorazione copre al massimo la differenza e quindi 5.222,36 euro (che al mese fanno 401,72 euro per 13 mensilità) per raggiungere appunti i 9.555,65 euro.
Se oltre alla pensione di invalidità la persona percepisce altri introiti, la maggiorazione si abbassa fino ad azzerarsi, quando questi introiti in più fanno arrivare la sua situazione a 9.555,65 euro.
Supponiamo che un invalido, ad esempio, percepisca una borsa lavoro di 300 euro per 12 mesi, si dovranno considerare ulteriori 3.600 euro oltre alla pensione (4.333,29 euro). I suoi introiti totali saranno 7.933,29 euro. La differenza fra i 9.555,65 euro e gli introiti totali che già percepisce 7.933,29 euro saranno 1.622,36 euro. La maggiorazione mensile sarà quindi non di 401,72 euro, ma di 124,72 euro.

Nella sostanza la maggiorazione completa la riceve solo chi, salvo la pensione di invalidità, è completamente privo di introiti. Sono quindi incluse proprio tutte le somme, anche quelle esenti da IRPEF (esclusa la sola indennità di accompagnamento eventuale). Anche una minima somma contribuisce a far diminuire l’importo della maggiorazione.

Veniamo alla terza condizione che entra in gioco solo quando la persona invalida è coniugata e se con i propri redditi rientrerebbe nella concessione della maggiorazione.
In questo caso si fa la somma dei redditi e introiti di entrambi i coniugi. Questa non deve comunque superare i 16.502,98 euro.
Supponiamo ad esempio che l’invalido disponga della sola pensione (4.333,29 euro) e che la moglie abbia un reddito o una pensione di 13.000 euro l’anno, egli non avrà comunque diritto a nessuna maggiorazione perchè assieme superano i 16.502,98 euro.
Attenzione: supponiamo, al contrario, che la moglie sia totalmente priva di redditi, e che l’invalido conti su pensione e altri introiti per un totale di 10.000 euro, egli non avrà comunque diritto a nessuna maggiorazione, perché non rientra nella seconda condizione (limite dei 9.555,65 euro).

Come fare?

Di norma INPS eroga la maggiorazione in automatico assieme alla pensione di invalidità civile. Se non si riceve la maggiorazione possono esserci due spiegazioni: o non ne ha diritto (il motivo largamente più frequente), oppure INPS non ha effettuato i conteggi corretti. In questo caso è utile rivolgersi ad un patronato sindacale e chiedere il ricalcolo che tecnicamente si chiama “ricostituzione reddituale”.
Successivamente, a valle delle sue verifiche, INPS eroga o meno, o modifica la maggiorazione.
Bisogna anche ricordare che se si modifica la propria situazione reddituale (esempio nuovo contributo, nuova pensione, nuovo lavoro), va fatta una comunicazione a INPS affinché non continui ad erogare la maggiorazione che non spetta di cui poi successivamente verrebbe richiesta la restituzione.

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